LA FORMA URBIS E IL SUO MUSEO

Avete mai sentito parlare della Forma Urbis? A Roma?

Che cos’é? Dove si trovava e dove si trova ora?

A cosa serviva? quali erano le sue dimensioni reali? Di che materiale era fatta?

Potremmo continuare con queste domande idealmente all’infinito…

Chi frequenta le mie visite già da un po’ spesso mi  ha sentito citare la denominazione Forma Urbis.

Ma procediamo con ordine.

Per chi non lo sapesse La Forma Urbis era una gigantesca pianta di marmo della città di Roma.

Realizzata ai tempi della dinastia degli imperatori Severi (Settimio Severo, ma ancora il più famigerato Caracalla).

Era collocata in una parete del Foro della Pace.

Oggi passeggiando per  via dei Fori Imperiali, è ancora possibile ammirare quella parete all’aperto.

Un tempo in un ambiente interno, che fa parte dall’epoca tardo antica  della chiesa dei SS. Cosma e Damiano.

Incredibile!

Perché questa pianta fosse lì e quale era la funzione dell’ambiente che la ospitava non ne  abbiamo  ancora certezza.

Quel che è certo è che nel corso dei secoli, attraverso una serie di peripezie, a noi di questa pianta sono giunti cita 700 frammenti poco più di un decimo del totale della superficie incisa.

Duecento di questi frammenti della Forma Urbis sono stati identificati e si trovano finalmente tutti esposti nel nuovo Museo, un tempo sede della palestra della Gioventù italiana del Littorio.

Ma la visita, come se non bastasse, non finisce qui.

Esternamente ci aspetta un immenso, meraviglioso Museo a Cielo aperto.

Il parco archeologico del Celio e la Casina Salvi, settecentesca Coffe house, che nel progetto di riqualificazione del complesso sarà aperta al pubblico.

Un luogo che ha una storia estremamente affascinante da raccontare, curiosa e intricata, come Roma ormai ci ha abituato da tempo e che mai ci annoia.

Un Parco pubblico, accessibile ai Romani e a tutte quelle persone che desiderano a due passi dal Colosseo godere di uno degli angolini più paradisiaci della città.

Vieni a scoprirla con me!

Evento culturale  a cura di Laura Scoccia

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